Un “alchimista” mi ha salvato dalla noia

“Ordinarie follie” (biellesi) di Edoardo Dantonia

Esistono luoghi di comunione fisica e spirituale veramente insospettabili. Al sentir parlare di comunione e spirito, infatti, vengono in mente cose come chiese e templi, o al limite silenziose biblioteche e solenni musei.
Pare cioè che per entrare in contatto con gli altri esseri umani debba regnare un austero silenzio, accompagnato da un’atmosfera composta e misurata.
L’idea che un luogo chiassoso e scomposto possa portare gli uomini ad avvicinarsi, a conoscersi, a mettere in comune nel senso più elevato del termine è un’eresia inaccettabile nell’accezione comune; vaga per le menti la ferrea convinzione che l’ebbrezza dell’alcol o una rumorosa partita a carte non siano in grado di produrre lo stesso effetto che produce una bella Messa in latino o la contemplazione della Pietà del Bernini.
Ecco, io non potrei rifiutare con maggiore forza un tale errore di prospettiva.
La notte di Natale ho spudoratamente saltato la Veglia e poi la Messa, rimandandola al giorno dopo, e mi sono ritrovato presso quella che sta diventando per me una seconda casa, un localino timido e poco visibile dalla strada, un luogo non molto frequentato se paragonato ai grandi e augusti locali storici di Biella, ma pieno di vita e di tutte quelle cose belle e gioiose che portano uomini diversissimi a condividere tra loro intere serate a giocare, bere e schiamazzare in allegria.
Si tratta de L’Alchimista, l’ancora di salvezza della mia vita sociale nel biellese (non sono infatti un gran frequentatore di bar e pub).
Non finirò mai di ringraziare Michele per il dono che ha fatto ai giovani biellesi mettendo a disposizione la sua sapienza e la sua abilità nel creare cocktail d’ogni tipo, offrendo nel contempo l’ambiente più famigliare che io potessi trovare in un luogo pubblico.
Non ricordo una sola volta in cui mi sia annoiato o mi sia rammaricato di non avere passato altrove la serata, si sia trattato di restare assiso su uno sgabello a sorseggiare un buon Manhattan, o di rimanere inchiodato a Star Realms nel tentativo di battere infine l’amico che troppe volte ha vinto, o ancora di sfidare qualcuno a calcetto, lasciandosi andare alle più genuine e caotiche manifestazioni di odio nei confronti della fortuna di chi blocca sempre la pallina col portiere per non si sa quale intervento divino.
In sostanza, L’Alchimista offre tutto quello che i soliti locali non offrono, o offrono solo in parte: famigliarità, calore, ottimo bere e gente sempre allegra.
Le sensazioni che provo quando passo la sera da Michele sono quelle che più si avvicinano al calore che invade il mio petto durante la consacrazione del pane, o alla gioia che mi prende nel sentire dal pulpito la predica di cui avevo bisogno quel giorno in particolare, o alla soddisfazione nello sfogliare il mio libro preferito, o infine alla commozione che mi sovviene quando osservo un dipinto rinascimentale.
La notte di Natale avrei dovuto essere in chiesa, ma in realtà non avrei voluto essere da nessun’altra parte che non fosse L’Alchimista.

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