Potete ascoltare a questo link la registrazione della terza puntata della trasmissione “La vocazione al matrimonio e alla famiglia” andata in onda su Radio Maria martedì 2 maggio 2017 dalle ore 18 alle 19.30, condotta da Giuseppe e Anita Signorin (appunto noi due, i Mienmiuaif!).

Qui sotto trovate anche il testo della lettera sulla “Regina del Cielo, Regina della Casa”, la nostra canzone “Regine Coeli” e i contributi preziosissimi delle super amiche Madre Maria Michela delle Monache del Cuore Immacolato, Costanza Miriano e Laura Debolini (autrice insieme al marito Filippo Fiani di “Il centuplo quaggiù. Adozioni internazionali e tanta Provvidenza“, di prossima pubblicazione)!

Le prossime tre puntate saranno i primi martedì dei mesi di luglio, settembre e novembre.

 

Lettera a una moglie

Non te la prendere se mentre scrivo a te mi rivolgo alla Mamma, amore mio. Mamma, se Anita se la prende perché mi rivolgo a Te e non a lei in questa lettera, non te la prendere. Ma tanto non penso che Anita se la stia prendendo e in ogni caso sono sicuro che Tu non te la prenderesti mai per una cosa del genere. Sei troppo buona. E poi anche Tu sei una moglie. Mi è stato chiesto più di una volta come mai il mio libro, “Lettere a una moglie”, da cui sto prendendo spunto per queste altre lettere “live” nella Tua Radio, si chiami così. Perché non “Lettere a mia moglie” o “alla moglie”? Non ho mai capito neppure io il perché, mi è sempre suonato bene “Lettere a una moglie”, mi pareva il titolo giusto, non c’ho pensato più di tanto, ma d’altronde io sono pure il colpevole del nome della marito-moglie band “Mienmiuaif”, insomma, grazie a Dio Tu sei piena di misericordia e sei pure mia Mamma, mi ami così come sono anche se cerchi di migliorarmi, però ecco, adesso mi fa proprio comodo che il libro di cui queste lettere sono idealmente una prosecuzione si chiami “Lettere a una moglie” e non in un altro modo, perché rivolgendo questa lettera a Te, e non a mia moglie, la rivolgo comunque a una moglie. Come sanno tutti, infatti, sei sposata con san Giuseppe, di cui fra l’altro porto il nome e di cui sono un fan sfegatatissimo (“fan” nel senso di devoto, non fraintendermi…). E poi Sei l’unica moglie di cui la mia non è gelosa, anzi. Più rimango in Tua compagnia, più lei è contenta. Già, perché funziona così, lo sperimenta quotidianamente lei stessa: è sufficiente pensarti per migliorare. Anche come moglie. La mia ormai ha raggiunto livelli stratosferici. Ha cominciato da pochi anni ed è già cintura nera. Tutto merito Tuo. Ultimamente ha addirittura imparato a non chiedermi di continuo informazioni sul film che stiamo guardando, quando ne stiamo guardando uno insieme le poche volte che ne troviamo di belli, che magari finiscono bene senza violenza del tipo che qualche personaggio magari scivola e a lei viene un colpo tanto che fa un salto sul divano. Anita infatti è molto sensibile. Comunque da qualche tempo a questa parte deve avere intuito che se lei ci parla sopra tutto il tempo, io non posso capire quello che dicono e che succede e quindi non posso spiegarglielo. Sei stata sicuramente Tu, Donna del silenzio, a trasmetterle un po’ di questo sublime dono – almeno quando guardiamo un film.

Ma ora passiamo al latino. Riscoprire le bellissime preghiere che recitavano i nostri nonni, cara Mamma, mi sta aiutando in un’opera che porto avanti da alcuni anni: salvare Anita dall’idolatria dell’inglese. Mi spiego meglio: Anita sa molto bene l’inglese, lo parla alla perfezione, eppure noto che gli dà un’importanza esagerata… Certo, l’inglese serve, ci mancherebbe, ma insomma, non è mica qualcosa di sacro… “Il giorno della fine non ti servirà l’inglese”, canta Battiato ne “Il re del mondo”. Non che sia un esempio di ortodossia cattolica, Battiato, ma qui c’azzecca. L’inglese non è tutto! E allora mi sto sforzando, più o meno da quando la conosco, di smontarle questo idolo che si è fatta, influenzata certo dal pensiero dominante. Anche il nome della nostra marito-moglie band, “Mienmiuaif”, ha questo significato. Storpiando la pronuncia di “me and my wife”, “io e mia moglie” in inglese, appunto, e inserendoci un errore, cerco di aiutare Anita a desacralizzare questa lingua verso cui nutre fin troppo rispetto. Dovendo pronunciare il nome della nostra band, soprattutto per spiegarlo agli amici, è costretta insomma a parlare un inglese scorretto, e già questo basta a rendermi felice e sentirmi utile. Non è semplice infatti farle credere di non sapere bene l’inglese, io che alle medie ero uno dei più bravi della classe, non è semplice trovare ogni volta pronunce e forme sintattiche che le facciano sgranare gli occhi per disintossicarla da questa specie di ossessione, ma con un po’ di pazienza e il Tuo aiuto vedo che i frutti non mancano. Anche se mi rendo conto benissimo che ben più dei miei sforzi funzionano le preghiere in latino, soprattutto quelle indirizzate a Te, Mamma.

E allora sono doppiamente felice di aver fatto cantare ad Anita questa gioiosa antifona che si utilizza nel tempo pasquale, il Regina Coeli. Degli amici stupendi, Emanuele e Laura, hanno realizzato pure un video, che ovviamente in Radio non si vede ma tu Mamma sicuramente non te lo sarai persa su YouTube – avrai avuto anzi anche la possibilità di seguire e aiutare Emanuele e Laura durante le riprese. Il video è un giro in macchina fra le strade di Milano, fino a raggiungere Te, una Tua statua che indica l’alto, il Cielo. Sono stati bravissimi e geniali – sono dei grandi artisti, lui regista teatrale e scrittore, lei ballerina, coreografa, fotografa -, hanno interpretato alla perfezione il nostro intento: portarTi da tutte le parti, anche quelle dov’è più difficile trasmettere il Tuo messaggio di bellezza e di amore, nelle città, dove tutti pensano di sapere già tutto, nonostante per la maggior parte dei casi non se la passino molto bene. Te lo dico – ma lo saprai già – perché anch’io ho vissuto in una grossa città – Milano appunto – per una decina di anni. Noi vogliamo portarti ovunque, in macchina con noi, a piedi, in ogni posto, soprattutto là dove c’è più bisogno di Te, perché solo Tu sai indicare nella maniera perfetta il Cielo. Solo Tu puoi portarci a Tuo Figlio Gesù. Il Creatore stesso ha scelto Te per questo scopo.

Regina coeli, laetare, alleluia. Rallegrati Regina del Cielo e rallegraci, donaci la Tua santa allegria per portarti ovunque. Noi vogliamo che tu sia la Regina del Cielo ma anche della terra, della nostra quotidianità, delle nostre macchine quando siamo in macchina, come nel video che hanno girato per noi Emanuele e Laura, delle nostre case quando siamo in casa, perché è nelle cose di tutti i giorni che è più difficile trovare l’eterno, ma è proprio lì che si nasconde meglio, è proprio lì che dobbiamo scovarlo noi sposi, è questa la nostra vocazione. Trovare l’eterno, e quindi l’amore, fra le pentole della cucina, nel rosmarino appena piantato nell’orto (ti sarai accorta che da qualche tempo mi sto dedicando a questa preziosa arte). Senza idolatrare nulla, per carità, com’è capitato ad Anita con l’inglese, ma su questo stiamo lavorando come ti ho detto poche righe più su e come sicuramente già sapevi, senza idolatrare nulla, ma cogliendo in ogni cosa un’opportunità per scovare una scintilla di Dio. Perché Dio ama farsi piccolo, fino a diventare un pezzettino di pane e un goccio di vino, e quindi ama di certo essere presente anche nelle faccende domestiche, da quelle in apparenza più insignificanti a quelle più serie, tipo la raccolta differenziata – a questo proposito se puoi rasserenare Anita durante uno dei suoi tanti rosari, le avevo detto infatti che me ne sarei occupato io ma ho così tanti impegni che come faccio… ogni tanto insomma può capitare che mi dimentichi…

Quia quem meruisti portare, alleluia. Gesù, che hai portato nel Tuo seno, portacelo anche a noi, Mamma, chiediGli quell’amore che ci serve per amare e renderti allegra. Dio che si è fatto feto e poi bambino, portalo nelle nostre case. Dio che ha voluto crescere in una famiglia, in mezzo a un papà e a una mamma, a un marito e a una moglie. San Giuseppe gli insegnava un mestiere e tu gli cucivi i vestitini. Dio che si è fatto fare i vestitini dalla mamma. Dio è il vero femminista, tu sei la vera femminista, non quelle scimmiottature che si vedono in giro ormai da troppi anni. Anita stessa è rimasta folgorata dall’arte di cucire, un’arte così poco valorizzata, oggi, ma che a quanto pare – almeno osservandola lavorare – riserva più gioie di tante altre carriere. È a rischio idolatria anche su quel fronte, oserei dire, ma c’è il dobermann di suo marito a vegliare, non ti preoccupare, Mamma (sì lo so che ho più idolatrie io di Anita, ma non vorrei occupare troppo spazio parlando di me in questa lettera, e poi siamo quasi alla fine).

Resurrexit, sicut dixit, alleluia. Come aveva detto, è Risorto. Se riesco a essere contento io, di questa buona notizia, figuriamoci Tu, Mamma. Sua Mamma. Mamma di Dio, oltre che Mamma mia e Mamma nostra. Di un Dio che si è fatto uomo, si è fatto uccidere e poi è risorto. Ha messo KO la morte. E tanti saluti. Ok, qui ci sarebbe da stare contenti una vita. E allora rallegriamoci. Siamo ancora nel tempo pasquale, siamo nel mese di maggio, il Tuo mese, siamo nel 2017, a cento anni dalla Tua apparizione a Fatima, per ricordarci che Dio è Risorto ma che noi invece siamo mezzi rincitrulliti e non abbiamo capito niente della vita. Dio è Risorto ma noi siamo morti, e allora Tu ti dai da fare per darci una mossa, per darci la vita, per farci capire che dobbiamo combattere anche noi la nostra buona battaglia e non starcene seduti sul divano davanti alla TV (mariti esclusi, ovviamente, almeno in alcuni momenti di relax, privilegio del nostro status). Ognuno al proprio posto, uniti in battaglia. Neanche una finale di Champions League può dare tanta adrenalina (a me almeno, ad Anita di certe cose interessa solo come le pronuncio in inglese).

Ora pro nobis Deum, alleluia. Sì, prega per noi Dio, Mamma. Lo conosci di certo più Tu. Pregalo per tutte le donne, per tutte le mogli del pianeta. Che capiscano quanto prezioso è il loro ruolo, quanto sono insostituibili. Che ogni moglie sappia cantare il proprio magnificat come lo hai cantato Tu, che ogni moglie sappia farTi spazio e attraverso di Te toccare il cuore di Dio. Dio può tutto ma resistere alle preghiere di una donna, di una moglie in particolare, quello non ci credo… Quando le moglie iniziano a parlare… Scherzo, Mamma…

Gaude et laetare, Virgo Maria, alleluia. Quia surrexit Dominus vere, alleluia. È veramente Risorto, Mamma. È veramente Risorto. Chiedi a Tuo Figlio Risorto che ci benedica, chiedi al Padre che ci benedica, chiedi allo Spirito Santo tutti i Suoi doni per noi. Di solito termino le lettere con un “ti amo” rivolto ad Anita. L’ho abituata bene, insomma, Mamma, puoi essere fiera di me. Ma questa volta che ne dici se la faccio ancora più contenta con un “I love you”?

 

Bonus tracks

LA DONNA IN RELAZIONE A MARIA della nostra fantastica Madre Maria Michela delle Monache del Cuore Immacolato!

Maria di Nazareth, la Madre di Gesù è la più grande donna di tutti i tempi ed è, da sempre, l’unico e sublime Modello di ogni donna cristiana.

L’opera mirabile compiuta dal Creatore in Maria, offre alle donne la possibilità di scoprire la loro dignità e la grandezza della loro missione: la stima che Dio nutre per la donna.

La Vergine di Nazareth è stata presentata, in alcuni casi, come il simbolo della personalità femminile racchiusa in un orizzonte domestico ristretto ed angusto. Maria, al contrario, costituisce il modello del pieno sviluppo della vocazione della donna sposata, avendo esercitato un influsso immenso sul destino dell’umanità e sulla trasformazione della società.

La donna è chiamata ad essere moglie e madre: è chiamata alla santità sulle orme di Maria poiché Ella è il Modello femminile per la donna sposata in tutto.

– La sposa cristiana dona la propria verginità al suo sposo, perché il loro matrimonio, sacro e indissolubile, sia anche fecondo di figli e di santità. L’amore a Maria ispira quel grado di purezza di cuore che fa desiderare agli sposi di unirsi solo per amore e non per la ricerca dell’esclusivo piacere sensuale, pur legittimo nel matrimonio.

– La sposa cristiana, come Maria, esercita un ruolo di mediatrice tra il padre e i figli: ciò che i figli ricevono dal padre – lineamenti fisiologici o fisionomici – lo ricevono attraverso la madre. Ella, da parte sua, arricchita dai valori dello sposo, trasmette tutta la ricchezza della sua anima in quella dei figli. Questa funzione mediatrice permane durante tutta la sua vita.

– La sposa cristiana è l’anima della casa nella preghiera: Maria infatti «serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19). È Lei la Maestra del silenzio, della soavità e della profondità dei rapporti interpersonali sempre regolati dalla sublime carità.

– La sposa cristiana si adorna come i fiori del campo: il suo modo di vestire trae ispirazione dall’eleganza naturale di Maria: in quegli abiti semplici, belli e solenni si ritrova la dignità della Figlia di Sion.

– La sposa cristiana abbellisce il suo volto come fa il tocco di una farfalla su un fiore, come fa il tocco finale dell’artista sull’opera d’arte ultimata: non una maschera, ma un riflesso di luce sul volto di un’anima già abbellita dalla grazia. Maria riafferma il senso sublime della bellezza femminile, dono e riflesso della bellezza di Dio.

Quando gli sposi sono così spirituali, i sentimenti tra marito e moglie sono allora i più fini e delicati: devozione, rispetto, stima, ammirazione, dolcezza, riverenza, dedizione, gioia di vedersi e di vivere insieme a Dio.

 

Preziosissimo contributo della nostra musa ispiratrice Costanza Miriano!

Maria, tu che “in paradiso sei il paradiso di Dio”, spiegami, perché tutti – persino il tuo creatore – desiderano stare con te? Cosa rende così attraente la tua compagnia? Come si può essere una sposa dolcissima come sei tu? Io penso che il segreto sia il tuo cuore immacolato. Cioè un cuore che non trattiene nulla per sé. Tu sei tutta sì a Dio. Il tuo amore dunque è il contrario del possesso, tu continui a dare la vita ai tuoi figli in eterno, perché sai amare di quell’amore libero che vuole che l’altro sia sempre più se stesso. Tu vuoi che ogni tuo figlio realizzi il piano di Dio su di lui. Insegnami a essere una moglie e madre capace di un amore pallidamente somigliante a questo, un amore che è tutto dare per il destino dell’altro, non per quello che io desidero, perché a volte io non so neanche desiderare bene. Insegnami a volere il vero bene di mio marito, dei nostri figli, a non cercare in loro conferme del nostro valore. Insegnami dunque a diffidare dei miei sentimenti, ad ascoltare come tu hai saputo fare, a custodire nel silenzio quello che non capisco subito. Io so che più farò così più mio marito somiglierà a san Giuseppe, ogni giorno più capace di un amore fattivo, concreto, silenzioso, fedele, costante, poco appariscente ma capace di custodirmi come una roccia. Insegnami ad accarezzare questa roccia con leggerezza e amore lieve e silenzioso, capace di dire sì a Dio, e dunque a lui.

 

E per finire la fantastica moglie e mamma Laura Debolini!

Quando penso a Maria sposa di Giuseppe mi viene in mente che per Lei è stato subito evidente che lo sposo è solo l’immagine dello Sposo con la S maiuscola, e che attraverso l’obbedienza a lui si impara l’obbedienza a Lui, con la L maiuscola.
A Maria chiedo di insegnarmi la pazienza che limiti le lamentele e il senso di insoddisfazione e mancanza.
Maria aveva un legame privilegiato e diretto con Dio e Giuseppe, pur essendo santo, certo non poteva colmare il desiderio di infinito di Maria, così come ogni sposo (che tra l’altro è mediamente meno santo di Giuseppe…), ogni sposo non può colmare il desiderio di infinito della propria sposa.
Questo legame sponsale esce subito dalla logica dei “due cuori” e rende evidente che se noi sposi vogliamo essere a immagine degli sposi di Nazareth dobbiamo chiedere allo Sposo eterno di abitare insieme a noi.

 

 

Per dare una mano ai Mienmiuaif clicca qui 

Potete ascoltare a questo link la registrazione della seconda puntata della trasmissione “La vocazione al matrimonio e alla famiglia” andata in onda su Radio Maria martedì 7 marzo 2017 dalle ore 18 alle 19.30, condotta da Giuseppe e Anita Signorin (appunto noi due, i Mienmiuaif!).

Qui sotto trovate anche il testo della lettera sull’“amore nel mondo contemporaneo“, la nostra “Canzone vintage” e i contributi preziosissimi delle nostre amiche Madre Maria Michela delle Monache del Cuore Immacolato, Maria Rachele Ruiu di Generazione Famiglia e Paola Belletti autrice di “Osservazioni di una mamma qualunque“!

Le prossime quattro puntate saranno i primi martedì dei mesi di maggio, luglio, settembre e novembre.

 

Lettera a una moglie

Il super uomo di Nietzsche è roba vecchia, amore mio. Fa quasi tenerezza. Non parlo del confronto col tuo super marito, chi lo reggerebbe? Parlo di quello che sta capitando oggi: altro che super uomo di Nietzsche, oggi non esiste neanche più l’uomo. È antiquariato. Addirittura dire “uomo” e non “uoma” o un qualche termine più adatto, neutro, “politically correct” (senti che inglese amore mio), mi crea un leggero imbarazzo. Oggi l’uomo non esiste più, non esiste neanche più la grammatica, c’è chi vuole cambiare le regole degli apostrofi dopo gli articoli indeterminativi… perché, per esempio, la parola “amore” potrebbe suonare discriminante al maschile. “Un amore” allora dovrebbe andare bene anche con l’apostrofo, “un’amore” con l’apostrofo, perché “amore” chi l’ha detto che dev’essere un termine maschile? Beh, in radio poco cambia, chi lo vede l’apostrofo? Però ecco, ci sono questi problemi qui, oggi. Oggi l’uomo non esiste più, esiste solo la sua mente. Non è in ottima forma, a quanto pare, eppure esiste solo lei: la mente. O lui? “Il mente”? Mah, andiamo avanti… Oggi è la mente dell’uomo a decidere che cos’è l’uomo. È geniale, non trovi? Ci creiamo noi da soli. Ognuno di noi crea se stesso, decide chi è. Per esempio, i giorni pari io e te potremmo essere marito e moglie, come da natura (“da natura” fra virgolette, ovviamente, anche se in radio, chi le vede le virgolette?, ma è bene di questi tempi fare attenzione a certe espressioni medievali), insomma, dicevo, io e te i giorni pari potremmo essere marito e moglie, io il marito e tu la moglie, come in effetti siamo, ma i giorni dispari, perché non invertire le parti… io la moglie e tu il marito… Che dici? Anzi, potremmo regolarci con la raccolta differenziata: quando c’è da portare fuori l’umido, io faccio la moglie e tu il marito… Mmm, mi sa che non ti convince… Sì lo so che da quando sei a casa fai quasi tutto tu… Era solo per dire…

Forse è il caso di passare all’apocalittica “Canzone vintage”, che abbiamo appena ascoltato. Anche durante questa puntata ho l’arduo compito di dimostrare la sensatezza dei testi che ti costringo a cantare. Vorrei però fugare subito un dubbio, perché magari sentendo un pezzo del genere qualcuno potrebbe pensare che il super fico di tuo marito sia in realtà un bigotto di quelli convinti che si stava meglio quando si stava peggio. Nessun dubbio a riguardo: sono esattamente quel tipo di bigotto. Il progresso e il benessere possono facilmente dare alla testa. All’homo sapiens 2.0 è stato sufficiente inventare la PlayStation per sentirsi chissà chi. Certo, può capitare a chiunque, addirittura al tuo super marito, di perdere la bussola, figuriamoci all’umanità. Non siamo più nel Medioevo, ci viene ripetuto ossessivamente con toni insieme accusatori ed entusiastici. E infatti non siamo più nel Medioevo. Guardiamo i cieli da Instagram e non più con gli occhi rivolti in sù e la testa appoggiata a qualche ciuffo d’erba. E anche nei cieli che vediamo su Instagram, non ci sono quasi più quelle magnifiche cattedrali costruite nei secoli scorsi per indicare con stupore metafisico la direzione verso cui dobbiamo puntare; ci sono al massimo, nelle grandi metropoli, edifici asettici e lunghissimi che sembrano competere l’un l’altro per chi arriva a “grattare” l’aria a più metri da terra. Il sacro è stato sostituito dall’agonistico. L’amore di Cristo da una serie di slide sulle performance dei nostri corpi buone da proiettare in qualche aula scolastica. L’amore fra uomo e donna, l’amore che può generare il miracolo della vita, l’amore come segno terrestre di un amore più grande, divino, l’amore come disegno infinito, eterno, l’amore come dono totale di sé e quindi liberazione dal proprio io, insomma tutto questo e molto più è stato ridotto a una serie di pratiche, di tecniche, di emozioni e sensazioni da capire e sperimentare fino al suono della campanella. Lasciateci insegnare ai nostri figli che cos’è l’amore, è un nostro diritto, perché se ogni verità è relativa, non potete imporre la vostra su un argomento così cruciale.

Lo so, amore mio, mi sto scaldando. Stai tranquilla, mi ripiglio subito. Anzi no, mi ripiglio dopo. Come posso ripigliarmi se continuano a venirmi in mente cose che mi fanno salire il sangue al cervello? No, non quel tipo di sangue che permette al cervello di ragionare… il sangue in eccesso, mi sale… il sangue che scalda… Ma se non ci si scalda per queste cose qui, se non ci si scalda per l’amore, per che cosa ci si deve scaldare? Essere tiepidi non è biblico, amore mio. Come si può rimanere tiepidi quando si fa mercato nel tempio di Dio? Dio non è amore? Come si può rimanere tiepidi allora quando si fa mercato dell’amore, quando l’amore viene svenduto per qualcosa che non è? Pure Gesù quella volta al Tempio non è che l’abbia presa molto bene…

Senti qua, amore mio: ricordo di aver letto da qualche parte che uno dei dolori maggiori, per un essere umano, è lasciare la persona che si ama o che si ha amato. È peggio della morte di un parente. Bene, questa è la condizione standard, oggi. Ci viene insegnato che l’amore è un sentimento e che quindi inizia e finisce, che siamo liberi e bla bla bla… Ci si mette insieme a tempo determinato. Non che ci si debba sposare la prima o il primo per cui si prova qualcosa (beh, se fosse del calibro del tuo super marito, potrei anche capire), ma come si può iniziare una relazione sapendo già che sarà una delle tante? Mettersi insieme e poi lasciarsi, mettersi insieme e poi lasciarsi… Mettersi insieme per lasciarsi… è un’angoscia tremenda… o ci si consuma di dolore oppure ci si fa un callo così grosso che non si sente più niente. Il mondo propone un piacere dietro l’altro vendendolo per amore e poi i farmaci più venduti nelle farmacie sono gli antidepressivi. C’è qualcosa che non va. Volete provare il brivido di vivere veramente? Scusami amore mio, apro una piccola parentesi rivolgendomi agli amici di gender etero maschile non fluidi. Ascoltatemi bene, amici di gender etero maschile non fluidi, sono anch’io un vostro collega di gender etero maschile non fluido e quindi tendo a trovare soluzioni, invece che a scovare negli angoli più remoti problemi (ogni riferimento a esseri di gender etero femminile non fluido è puramente casuale): amici di gender etero maschile non fluidi, volete provare il brivido di vivere? State con una donna. Una donna sola. Una donna sola alla volta e possibilmente una donna sola in tutto. Avete capito bene. Il buon vecchio metodo cristiano funziona alla meraviglia rispetto al modello “tronisti e troniste” di defilippiana memoria. Come fare? Semplice: prima sperimentate quel periodo di conoscenza reciproca chiamato nell’antichità “fidanzamento”. Capirete in questo modo se siete sulla strada giusta. Poi buttatevi. Esatto: sposarsi è un po’ come buttarsi nel vuoto. Meglio del bungee jumping. La follia entrerà nella vostra vita, non potrete prevedere le sue mosse (la follia infatti avrà un nome e cognome di gender etero femminile non fluido), rischierete il sistema nervoso, ma non vi annoierete. Quando vi sembrerà di aver raggiunto un qualsiasi tipo di equilibrio, la follia vi dirà: “Amore, c’è qualcosa che non va”. Non preoccupatevi, capita a tutti, andate avanti.

Lo so amore mio che ho fatto un po’ di confusione e non ho seguito pari pari i versi della canzone. Questa volta però devi ammettere che è più chiara del solito… Anche quando canti che l’amore nel mondo contemporaneo è un elettrodomestico… Più chiaro di così? Non è forse il Bimby, il robot che ogni tanto si degna di farci da mangiare avuto come dono di nozze dai tuoi zii, non è forse il Bimby la metafora perfetta dell’amore di oggi? L’amore, oggi, è come il Bimby, amore mio. Non devi fare niente, in teoria, però è in grado di incasinarti la vita come pochi, soprattutto se poi qualcuno dei due deve lavarlo… e dopo qualche anno c’è già pronto il Bimby nuovo, il modello nuovo, molto migliore. E il vecchio Bimby, mogio mogio, se ne va nel cimitero degli elettrodomestici superati insieme a tutti quegli apparecchi che se fossero esseri umani sarebbero ancora in età da asilo, perché i costruttori oggi li progettano così tutti quegli aggeggi tecnologici, li progettano in modo che sia meglio sostituirli dopo pochissimo tempo… Qualcuno molto importante, per noi, vestito di bianco, ne parla in termini di “cultura dello scarto”.

Lo stesso Qualcuno vestito di bianco mette in guardia spesso dall’amore individualista, egoista, l’amore che in sostanza non è amore e quindi causa solo tristezza e solitudine. L’amore indipendente, dove ognuno pensa a se stesso e non deve dipendere da nessuno, eccetto il proprio smartphone. C’è chi dice che la relazione perfetta si può vivere a un centinaio di chilometri di distanza, così ci si vede solo quando veramente ci si vuole vedere e si predilige la qualità, alla quantità. Magari sono gli stessi che fanno proselitismo sulla frutta a km 0. Frutta a km 0, amore mio, ma vita di coppia a km 100. Non possiamo dire che la vita non sia sorprendente.

“Ma il ritornello?”, starai pensando… “Mio nonno e mia nonna erano più avanti, si amavano fino in fondo, senza i guanti…” Beh, sì, il ritornello significa proprio quella cosa lì…. I guanti… Sì, si possono intendere anche in senso metaforico, cioè di dare tutto di sé, di non andare al risparmio con mille paure e precauzioni, in una relazione. Almeno provarci. Però vuol dire anche quello che pensate. I guanti sono quella cosa lì. Sì, una volta si faceva l’amore veramente… l’amore, nel migliore dei casi, poteva durare addirittura nove mesi…. Non finiva tutto lì, subito… Sì, lo so, è scandaloso, quasi immorale dire qualcosa del genere, oggi… Ma forse proprio per questo dovrebbe venirvi il dubbio che sia vero…

E il finale a sorpresa? “Son tutti belli i mariti del mondo”. Beh, a te dovrebbe suonare ovvio, amore mio… Comunque è questa la canzone vintage che la nonna canta al nonno mentre ripara la sua bicicletta… “Son tutti belli i mariti del mondo”… (Se non ci facciamo coraggio fra di noi, amici di gender etero maschile non fluido sposati…?) Che Dio strabenedica questo mondo moribondo, amore mio. Ti amo.

 

 

Bonus tracks

Il bellissimo messaggio della nostra amica Madre Maria Michela delle Monache del Cuore Immacolato!

Il creato è il meraviglioso libro nel quale imparare a leggere  la vita. Dio si diffonde con il Suo immenso Amore per tutto l’universo, dal granello di sabbia al pianeta lontano. Nel creato la vita si sviluppa in altezza, larghezza, profondità… (da Wikipedia)
La vita è in 3D… in 3 dimensioni… Vita che si rinnova senza sosta in ogni creatura, anno dopo anno, stagione dopo stagione. Un oggetto bidimensionale, invece, si sviluppa solo in 2 dimensioni: lunghezza e larghezza, mancando della terza dimensione, la profondità (da Wikipedia). Esso si sviluppa solo su una superficie piana e non può generare vita, poiché non ha spessore, non ha consistenza… è come una fotografia… inanimata e piatta.
Così è l’amore. L’amore bidimensionale, solo tu e io, che esclude Dio, quasi fosse il terzo incomodo, si sviluppa come una pellicola di un film, come una fotografia che non ha vita in sé e che, col passare degli anni, si deteriora, sbiadisce, perde colore. L’amore tridimensionale, tu, io e Dio, è l’amore che continuamente si moltiplica, l’amore pieno, reale, fedele, l’amore del futuro, quello che non tramonta. L’amore che da sempre cerchiamo e sogniamo… il Suo amore che ci abbraccia ed è famiglia con noi. Il vero amore è solo in 3D! La vera vita è solo in 3D!
Torniamo alle origini per essere coppie e famiglie del futuro!
Dice san Paolo, nella Lettera agli Efesini: “Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.”

 

L’insuperabile Maria Rachele Ruiu, referente nazionale di Generazione Famiglia, la Manif Italia, ci ha scritto una lettera 🙂

Carissimi Anita e Giuseppe,
l’Amore nel mondo contemporaneo… è difficilissimo in poche righe raccontare quanto sta succedendo in Italia. Papa Francesco l’ha definita una vera e propri colonizzazione ideologica che entra nelle scuole per cambiare la mentalità dei bambini sui concetti dell’identità sessuata e della relazione tra maschi e femmine. Parlo della prospettiva gender che, sostenendo che maschile e femminile sono costruzioni culturali non riscontrabili necessariamente nella realtà se non nei caratteri fisici genitali, nega che l’identità sessuata sia radicata in tutto l’essere, nella biologia e nell’anatomia, nel funzionamento, come invece mostra tutta la scienza. Minando l’inconvertibile evidenza di quello che si chiama “binarismo sessuale”, cioè che nasciamo maschi o femmine, apre a numerosissime definizioni di altre identità di genere, intese come percezioni soggettive della propria sessualità a prescindere dal sesso biologico. Quante? Potrebbero essere tante quante persone esistono su questa terra. È tutto ridotto a una questione “mentale”, al “come io mi sento”, dimenticando, volutamente, l’evidenza di quello che sono. Nascosti dietro gli encomiabili obiettivi di lotta al bullismo, di lotta alla violenza contro le donne e promozione delle differenze, vanno invece a inculcare ai nostri bambini quest’idea che l’uomo “ha un corpo” di cui dispone “a desiderio”, anziché “essere il corpo”. Se veramente noi avessimo un corpo di cui disponiamo, se veramente il corpo può essere trattato come altro da noi, non saprei come spiegarmi, per esempio, perché un bacio abbia un significato per ciascuno di noi che va oltre il semplice “meccanismo” dello stesso; non saprei spiegarmi perché uno schiaffo, in una relazione, ha delle conseguenze che vanno oltre il dolore fisico provato e che non si esauriscono quando esso è terminato. Se veramente avessimo un corpo di cui disporre, se veramente il corpo fosse altro da noi, se questo fosse vero, perdonatemi l’esempio terribile, una donna violentata, una volta che vede guarite le proprie ferite fisiche, dovrebbe smettere di soffrire. E questo sappiamo tutti che non avviene. È evidente che noi siamo il nostro corpo. Allora ci domandiamo perché portare nelle scuole un’ideologia che confonde i nostri bambini. Spesso veniamo attaccati, ci accusano di volere denigrare i rapporti sessuali, di volerli negare a prescindere, ci accusano di essere frustrati. Niente di più falso. Noi sappiamo che la sessualità è una parte importantissima della vita di ogni essere umano, profondissimamente legata alla relazione, profondamente preziosa. È il modo più vero, più intimo, più ancestrale che abbiamo per relazionarci con l’altro. Ci domandiamo allora perché nelle scuole, sin dalle elementari ma anche alle medie e alle superiori, si confonda l’educazione sessuale con delle tecniche, neanche fosse il kamasutra. Questa nuova antropologia ideologica inganna i ragazzi su un tema cruciale. Io ho profondi dubbi sulla necessità di insegnare l’educazione sessuale a scuola, penso che ogni bambino o ragazzo abbia i propri tempi e la propria intimità da difendere, per cui spererei che fossero i genitori a rispondere di queste cose, quando il figlio avrà domande, con serenità, dicendo la verità e usando un linguaggio consono all’età, ma se anche fosse necessario non capisco perché bisogna farlo in questo modo. I ragazzi ci pongono domande grandi, alte, hanno sete di infinito, i ragazzi cercano l’Amore, quello con la A maiuscola, quello che ti fa superare gli ostacoli, te stesso, la morte, e il mondo degli adulti oggi si impegna a rispondere proponendo una “soddisfazione immediata di un desiderio più basso”, fine a stessa. Imprigionata in sé stessa. Sì, i nostri nonni e le nostre nonne erano più avanti, come dice la canzone, si amavano senza i guanti, fino in fondo, disposti ad accogliere il mistero di una nuova vita e a rinunciare a qualcosa di se stessi. Sì, perché per quante sentenze possano negare la realtà, anche oggi, come allora, ogni bambino nasce da una mamma e un papà. Come si dice a Roma: non famose parlà dietro! Io voglio un Amore così.

 

E per finire in bellezza… un breve brano inedito tratto dal prossimo libro dell’autrice di punta della collana UOMOVIVO, Paola Belletti, già autrice di “Osservazioni di una mamma qualunque”!

Come al solito l’attenzione morbosa e deformante che il mondo riserva ad un aspetto della vita umana ci fa intuire che debba trattarsi di qualcosa di essenziale, per l’uomo e per Dio. Di qualcosa che configura più di altri attributi e capacità la nostra statura, la nostra dignità. Per questo il mondo sbrana il sesso. Ne toglie e separa i brani, lo scompone, lo ingoia crudo. Lo rende desolato e desolante. Come la sala di una discoteca rimasta vuota dopo una notte di eccessi. Lo strappa dalle carni e dagli spiriti perché perda la sua potenza. Lo riduce, isolandolo dal resto della persona. Lo sottrae alla libertà e alla ragione. Normalizza forzosamente la sua commovente sperdutezza, come disse Testori a Giussani. Lo umilia con l’istinto privato del governo. Con l’inganno chiama il dominio freddo controllo, metallica oppressione. E lo offre al maschio come possibilità di supremazia; lo convince che si tratta di questione tutta idraulica e cerebrale. Lo consegna alla donna, ammiccando, come scettro di un potere che a suo dire le è stato negato. La convince che deve dominare anche lei e imporsi e fare sesso senza amore. E senza figli. E senza paura. E alla fine chi ci rimane a godere sul serio?
Lo rende brutto e stupido.

 

 

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