Aiutate il marito del duo con l’anello a far credere alla moglie di aver sposato uno scrittore di successo come Fabio Volo e di cantare in un gruppo cool come i Thegiornalisti.

Acquistate il mix letale “Lettere a una moglie” + cd “Quando saremo piccoli” in esclusiva nello shop online di Berica Editrice, l’editore della collana “UOMOVIVO – umorismo, vita di coppia, Dio”, di cui i Mienmiuaif sono nientepopodimeno che i “curatori”.

Per sostenere con successo un “duello all’ultimo sangue”, come lo scrittore inglese G. K. Chesterton ha definito il matrimonio, c’è bisogno di qualche segreto. Nel libro e nel cd ve li sveliamo.

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Ps: se insieme al libro volete più di una copia del cd basta che scrivete a ordini@bericaeditrice.it

Da meno di un mese sei la mia ex fidanzata, amore mio. Molti vanno a convivere da fidanzati, noi da ex fidanzati.

Inizia così e finisce pure peggio “Lettere a una moglie. Ovvero la genesi del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif”, un esercizio di contemplazione domestica che ogni marito che non si rispetti dovrebbe fare nei confronti della propria moglie.

Un libro da leggere sopra o sotto l’ombrellone, indifferentemente. Anche in mezzo a un bosco o sulle rive di un ruscello.

La storia di una giovane coppia di sposi al limite del sessismo in un contesto che più fluido non si può, ma soprattutto la genesi di una wedding-band che Dio solo sa dove andrà a finire, probabilmente indietro nel tempo, dal momento che si azzarda a parlare di amore “vintage” e altre amorevoli assurdità.

Per piacere, aiutate l’autore, un certo Giuseppe Signorin, a convincere la moglie, Anita Baldisserotto, di essere uno scrittore di successo. Il libro è ottimo anche come soprammobile, per non parlare della comodità di lanciarlo contro gli animali domestici disobbedienti, nel caso ne aveste. Se siete bravi riuscirete anche a uccidere delle mosche o delle zanzare, non è infatti un libro di spessore.

 

Sempre vostro, 

Un amico di Giuseppe Signorin

(articolo di Maddalena Negri per la “parrocchia online” di don Marco Pozza Sulla strada di Emmaus)

Lui Giuseppe, lei Anita. Forse il primo pensiero va a Garibaldi. Di cognome fanno invece Signorin, vivono  ad Arzignano, il loro nome d’arte è Mienmiuaif e, dopo aver scoperto la fede, con la loro simpatia contagiosa vivono l’amore indissolubile del matrimonio come un dono, ma anche come la vera “trasgressione” del nostro secolo.

1. Raccontate entrambi di essere passati da essere critici contro la Chiesa a cristiani: in che modo è possibile un cambiamento così radicale?



Giuseppe: Nel 2012, io ho avuto una crisi spirituale, in cui ho sperimentato momenti di buio: questo mi ha permesso di far spazio all’incontro con Cristo e, solo allora, ho iniziato a rinascere. In quel frangente, anche Anita si è posta delle domande.

Anita: I genitori di Giuseppe, in quell’epoca, avevano in programma un viaggio a Medjugorje e anche lui voleva andare con loro. Io, invece ero un po’ restia (in parte, perché io e la mia famiglia eravamo piuttosto lontani dalla fede, in parte perché non conoscevo bene cosa fosse quel luogo) e sono andata quasi per fargli un favore, senz’aspettarmi nulla. E la prima cosa che mi ha colpito è stato vedere così tanti giovani raccolti in preghiera: un’esperienza che mi ha, in un certo senso, “scandalizzata”, dal momento che, nel mio immaginario, il cristiano – tipo erano le vecchiette che vanno sempre in chiesa, non certo dei giovani, che preferiscono altri divertimenti. Non capivo, ma ho fatto una sorta di preghiera quasi inconsapevole: “Gesù, se esisti, dammi un segno!”. E questo segno è arrivato. Un momento particolare è stato, infatti, quando, di fronte al Cristo Risorto (una statua, presente in quel luogo), ho avuto una sensazione d’amore mai provata prima. Poi, naturalmente, la fede è un cammino e quindi non si esaurisce tutto lì, ma questo mio chiedere un cambiamento è stata la mia prima apertura verso la fede, che mi ha cambiato il cuore e la mente.

2. Nell’intervista rilasciata a Credere (luglio 2016), avete detto di aver provato sia un “anno da pagani”, sia un “anno da cristiani”, prima del matrimonio. Visto che vi siete sposati in modo cristiano, è palese su cosa sia ricaduta la preferenza. Cosa vi ha dato “di più”?




G: Noi eravamo insieme da poco (circa un anno), quindi dovrebbe essere anche il momento più intenso, caratterizzato dall’emotività dell’innamoramento. Eppure, la preghiera insieme ci ha fatto sperimentare un amore più intenso (mentre prima era più superficiale), proiettato verso il futuro. Anche la scelta della castità, ci ha consentito di conoscerci meglio, confermando che la Chiesa non toglie nulla, anche quando propone scelte impegnative.

A: Il cambiamento è motivato innanzitutto dalla delusione: non riuscivo a ricevere l’amore che cercavo (né da Giuseppe, né da altri fidanzati avuti prima di lui). In tutta la mia vita, ho cercato un amore come quello di Dio, nelle persone: invece, ho sperimentato che è il contrario, cioè prima si arriva a Dio, poi posso avere, con gli altri una relazione più “sana” e serena (cioè senza avere aspettative non realistiche). Prima ero angosciata, ora non più: ho la consapevolezza di essere amata.

3. Che significa, nel quotidiano, “sposarsi in Cristo”?





G: Di due, diventare una sola carne: questo dovrebbe essere l’obiettivo. E questa “fusione”, piano piano, avviene. Siamo appena all’inizio ma già intravediamo come il Signore lavora su di noi. Sposarsi in Cristo significa essere segno del Suo amore per noi: è qualcosa di più grande di noi! Da soli non ce la facciamo, con Lui, invece, possono stare uniti soggetti tanto diversi come maschi e femmine. Prima, entrambi vedevamo il matrimonio come il fumo negli occhi, ora abbiamo completamente cambiato prospettiva.

A: Nei momenti difficili, fermarci a pregare (soprattutto, il Rosario): da lì viene aiuto, anche per le cose quotidiane (ad esempio, le caratteristiche di Giuseppe che mi piacciono di meno). Nei momenti più tranquilli, significa innanzitutto, gratitudine, perché senza la fede non sarei mai a questo punto. Io ho sempre pensato che il matrimonio sarebbe finito nella noia, invece è una promessa di bene, che si realizza ogni giorno, in un crescendo.

4. Perché è “da rockstar” il matrimonio cristiano?




G: Non senza ironia ci definiamo “punk”, in quanto sposi, più che altro perché in un mondo capovolto come quello di oggi, rispetto ad appena qualche decennio fa, dà più scandalo decidersi di sposarsi “come Dio comanda”, secondo le indicazioni della Chiesa, piuttosto che vivere all’insegna dell’ormai vecchio adagio “sesso, droga e rock’n’roll”. Nella società attuale è considerato più bizzarro un amore indissolubile, piuttosto che passare da una relazione all’altra.

A: Gli sposi sono le vere rockstar, se si sposano in maniera convinta, perché la scelta di una vocazione che realizza pienamente, al contrario di quello che tanti pensano, figurandoselo come “la tomba dell’amore”.

5. Come coniugate umorismo, vita di coppia e Dio?





Giuseppe: È lo sgabello che sostiene i nostri progetti, che sono tutti rivolti alla famiglia, ispirati a Dio, ma in chiave umoristica, anche sulla scia di alcuni autori che mi piacciono (G.K. Chesterton o G. Guareschi). Questi scrittori testimoniano come sia perfettamente possibile, al contrario del luogo comune, conciliare l’umorismo con l’integrità, e financo la radicalità del cristianesimo.

Anita: Ci possono essere i momenti di sofferenza, di dolore, ma la tristezza c’è quando manca la speranza. Gesù Cristo è risorto: se sei triste questa notizia non ti è arrivata, oppure non si è incarnata nella tua vita. Del resto, i monaci di Norcia ritengono che l’ottavo vizio sia proprio la tristezza.

6. Da cosa è nata l’idea del blog?

Giuseppe: L’idea è stata di Anita.

Anita: Nasce quasi per caso: Giuseppe scriveva delle note su Facebook ed io gli feci notare che non c’era molto spazio; inoltre, chi non era sul social network non poteva leggere; quindi gli suggerii di scrivere un blog, così avrebbero raggiunto più persone. All’inizio lui era scettico, quindi l’idea era rimasta lì. Poi, qualche tempo dopo, se ne uscì con un “Moglie, ho avuto un’idea!”, perché non ricordava assolutamente che gliel’avessi suggerito io, tempo prima.

7. Chi ha convinto chi a scrivere canzoni?





G: Anita ha il dono della musica ed una voce incredibile, oltre ad aver anche fatto un anno di conservatorio. Io suono un po’ il basso e la chitarra, ma, soprattutto, mi piace comporre dei testi. Lei all’inizio non voleva, ma alla fine l’ho coinvolta ed ora è una convinta sostenitrice della band. I testi sono a volte demenziali ed aiutano a sdrammatizzare, innanzitutto noi; ma abbiamo avuto riscontro positivo di questo effetto anche in altre coppie.


8.

Su cosa si basa, invece, l’idea di “Pompelmo Rosa”?

A: Parlando di moda con un’amica sarta, lei mi consigliò di provare a cucire: dopo averci provato, ho scoperto che mi piace molto. quindi, ho pensato di provare a fare vestiti, anche se l’idea è ancora un po’ nebulosa, ma si tratta di pensare una moda che non “stressi” la donna, ma la valorizzi veramente, invece di considerarla come un oggetto o “sfidarla” ad essere sempre più magra, con taglie da donna giovane che sono sempre più strette.

9. Ogni tanto, vi sentirete un po’ delle “mosche bianche”. La domanda che sorge spontanea è “Chi ve lo fa fare?”, ma, soprattutto, cosa vi fa proseguire, quando questa domanda viene a galla?





G: Innanzitutto, perché non è stata mia una cosa imposta. L’incontro con Cristo è stata una decisione nostra, personale. Addirittura i genitori di Anita, lontani dalla fede, le domandavano perché andasse a Messa. Questo, paradossalmente, ci ha spronato ancora di più. Adesso, il primo sprone è ricordare il 2012, quando tutto è iniziato, per ritrovare nuovo slancio nei momenti più impegnativi, che ci sono sempre.

A: La fatica c’è, naturalmente, come in tutte le situazioni (ogni esperienza ha le proprie difficoltà). Ciò che è differente è la mancanza di angoscia ed una grinta che prima mi era sconosciuta.

10. Progetti per il futuro?




Speriamo che arrivino dei bambini; nel frattempo, continuiamo con questi progetti, nel tentativo di coinvolgere altre persone, all’insegna di queste due triadi: libri, vestiti e musica e umorismo, vita di coppia e Dio.

(articolo di Roberto Lauri uscito su Zenit)

Giuseppe Signorin e Anita Baldisserotto sono una giovane coppia di sposi noti alla comunità di Facebook e di YouTube (e non solo) come i Mienmiuaif, una band che fa musica cristiana (e non solo musica). Giuseppe suona la chitarra e Anita canta (una voce angelica) anche se ora, per la verità, si sono aggiunti Enoch Montagna alla chitarra e Nicolò Visentin alla batteria (Giuseppe nel “quartetto punk”, come lo definiscono non senza ironia, è passato al basso).

“Mienmiuaif”: un nome impronunciabile… Dice Giuseppe a ZENIT: “Anita ancora non riesce ad accettarlo, dice che è difficile da ricordare e da trovare sui motori di ricerca di Internet. Ma ormai il nome è questo. Che significa? È la trascrizione in italiano della frase inglese ‘me and my wife’, ‘io e mia moglie’ con qualche errore di pronuncia… I Mienmiuaif sono una coppia che fa molti errori (ndr, Anita lo guarda divertita e mi indica con insistenza Giuseppe, come a sottolineare da quale parte provengono gli errori della coppia…). Secondo me comunque suona bene e fa la sua bella figura. Poi ha una sfumatura veneta che gli dona ‘quel non so che di etnico’, perché ‘mi’ è il modo veneto per dire ‘io’ Oltre al fatto, e questa è una chicca, che in un dialetto londinese ‘me and my wife’ si pronuncia veramente ‘mienmiuaif’”.

Band musicale e non solo, perché ci tengono a precisare che la loro “mission” è raccontare il matrimonio per quello che è, cioè “un duello all’ultimo sangue”, citando G. K. Chesterton. Così hanno creato un florido e seguitissimo blog, MIENMIUAIF & BRA dove raccontano, con moltissima autoironia e insieme a una squadra di giovani collaboratori, il matrimonio cristiano in mezzo alle tempeste contemporanee. Hanno poi un loro canale YouTube Mienmiuaif Music-Wedding Band e una seguitissima pagina Facebook.

ZENIT ha chiesto al duo di raccontarsi brevemente, ne sono nate queste ironiche autobiografie.

“Mi chiamo Anita Baldisserotto, classe 1990, vivo ad Arzignano (VI). Ho imparato a cantare guardando i cartoni della Disney, poi la mia carriera è proseguita nel coro di voci bianche parrocchiale. Lezioni di canto alle superiori e poi nel 2012 mi sono laureata a Ca’ Foscari. La mia tesi di laurea verteva sul canto Gospel, una tesi che non solo mi ha concesso di prendere la laurea ma soprattutto mi ha fatto balenare un’idea fantastica, elaborare i canti Gospel con uno strumento chiamato ‘loop station’… Poi mi sono sposata e mio marito mi ha costretta a finire in un duo: la sua chitarra (suonata male) e la mia voce… Da poco ho iniziato a scrivere nel nostro blog una rubrica personale, Donne dududu, che fa parte di un progetto più ampio sulla femminilità e la moda chiamato Pompelmo Rosa e ispirato a santa Teresina di Lisieux”.

“Mi chiamo Giuseppe Signorin e ho 34 anni. Durante la mia adolescenza ho preso qualche lezione di chitarra, poche per la verità. Il mio livello musicale, nonostante quelle lezioni, non si è mai elevato, ne credo mai si eleverà. Per quel che riguarda la carriera di scrittore le cose sono andate decisamente meglio, anche se in termini di copie vendute forse è andata meglio con la carriera di chitarrista. Comunque, ho pubblicato alcuni testi di carattere fortemente sperimentale negli anni dell’università e dal 2012 lavoro per Berica Editrice, per il magazine Corriere Vicentino e faccio l’operaio della scrittura nel mondo della comunicazione per Hassel”.

L’autopresentazione ironica e scanzonata della giovane coppia non deve ingannare, perché stanno portano avanti una seria proposta di musica cristiana e un impegnativo progetto culturale con la collana UOMOVIVO di Berica Edizioni.

Anita e Giuseppe sono stati insieme per qualche tempo, poi una folgorante conversione a Cristo fa decidere loro di sposarsi in chiesa. “Il primo a riabbracciare la Fede sono stato io – dice Giuseppe – ma Anita mi ha subito superato!”

Anita replica: “Non ero felice. Non riuscivo a trovare il senso della vita, della mia vita. Giuseppe pregava e trovava conforto nella preghiera. Io ero scettica delle sue scelte, però lo assecondavo, ero molto innamorata di lui. Poi un pellegrinaggio a Medjugorje ha fatto cadere le ultime mie barriere”.

Insomma la solita storia che si ripete, una insoddisfacente vita a due e poi la svolta con il ménage à trois cristiano, che cambia la vita. Giuseppe, Anita e Gesù Cristo, il ménage à trois che fa la differenza nel matrimonio.

Come band compongono e suonano canzoni ispirate a temi matrimoniali ma anche biblici. La loro forte devozione a Santa Teresina, li ha portati a comporre una pregevole canzone “La bambina di Lisieux”. Santa Teresa nella canzone è chiamata non con il suo nome di battesimo ma come “figlia di Louis e Zélie Martin”.

La scelta del “duo con l’anello” non è casuale, i genitori di Santa Teresina sono stati da poco canonizzati da Papa Francesco, in occasione del Sinodo sulla famiglia, come esempio di santità nelle coppie di sposi. La canzone è stata apprezzata anche dai Carmelitani Scalzi della Provincia veneta, che hanno recensito la canzone “La bambina di Lisieux” sul loro sito, una conferma della bontà del loro progetto musicale cristiano.

E poi le canzoni sulla vita matrimoniale. “Perché – dice Giuseppe – non c’è nulla di più trasgressivo oggi, che una coppia con un amore indissolubile. Ad Anita piace molto cantare, io amo suonare la chitarra e comporre testi, così abbiamo iniziato a fare canzoni che parlano della quotidianità di un matrimonio. Come la canzone ‘l’Arca di Noè’ che parla della famiglia cristiana che procede controvento in mezzo alla tempesta. Con le nostre canzoni sulla coppia vogliano parlare dell’apparente banalità della quotidianità in modo diverso, con umorismo, una formidabile arma per togliere quel peso che non ti permette di essere più leggeri e allegri nella vita di tutti i giorni”.

La collana di libri Uomovivo prende il nome dal famoso romanzo di Chesterton. “Io lavoro per Berica Editrice – dice Giuseppe – che si occupa di tutt’altra cosa ma quando ho proposto all’editore una collana di libri che ha come slogan ‘Uomovivo – umorismo, vita di coppia, Dio’ ha miracolosamente accettato. E ancora per miracolo questa avventura editoriale ci sta dando grandi soddisfazioni”.

Della collana fa parte anche Lettere a una moglie (ovvero la genesi del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif). Un libro nel quale Giuseppe racconta i primi due anni del matrimonio con Anita. Il racconto di un matrimonio cristiano visto attraverso la lente dell’umorismo. Un umorismo che nulla toglie alla grande importanza dello sposalizio come sacramento, raccontato attraverso le cadute, le miserie e le personali incapacità degli sposi, il tutto condito con molto umorismo. “Oramai viviamo in un mondo capovolto – continua Giuseppe – il matrimonio cristiano è diventato qualcosa di trasgressivo. Per questo quando cantiamo con i Mienmiuaif, spesso infiliamo in maniera scherzosa gli occhiali da sole scuri, perché le vere rock star oggi sono gli sposi. Sesso droga e rock’n’roll sono un nulla rispetto a chi ha promesso davanti a Dio amore reciproco, eterno e indissolubile”.

Attualmente nella collana sono in catalogo quattro titoli. Oltre a Lettere a una moglie, è stato pubblicato Le nuove lettere di Berlicche di Andreas Hofner alias Emiliano Fumaneri. Dopo settantatré anni dalla pubblicazione de Le lettere di Berlicche per opera di Clive Staples Lewis, Emiliano ha avvertito il bisogno di aggiornare i modi con cui il demonio può assicurarsi la dannazione dell’anima delle persone. Perché i tempi sono cambiati: in mezzo ci sono stati una Guerra Mondiale, il Sessantotto, il boom economico, una miriade di conquiste sul piano scientifico, nuovi tempi, nuovi modi. Un libro che si legge tutto d’un fiato, un testo carico di speranza e profondamente utile, in quanto aiuta a mettere a fuoco le strategie del Nemico, un buon modo per poterle contrastare.

Fa parte della collana anche Osservazioni di una mamma qualunque di Paola Belletti. Paola si racconta e racconta con ironia e sincerità la sua storia. Una “mamma qualunque” con un marito e quattro figli, di cui il più piccolino gravemente ammalato. Nella prefazione Costanza Miriano scrive: “…(Paola ha) intelligenza raffinata e senso dell’umorismo acutissimo e pronto, oltre che una sensibilità ai limiti del patologico, una scrittura audace e mai banale, una simpatia, nel senso etimologico di capacita di sentire insieme, unica. Questo è uno dei libri che ridi e piangi leggendoli, i miei preferiti. Questo è il preferito dei preferiti (sì, sono di parte)”.

Infine è stato dato da poco alle stampe Rivolta alla Locanda di Edoardo Dantonia. Una sorta di western onirico, che sembra scritto da Chesterton, nume tutelare del giovanissimo Edoardo, il quale non nasconde la sua profonda “amicizia” con lo scrittore inglese, re dei paradossi.

“Cosa abbiamo in mente, quali sono i nostri desideri per il futuro? Confidiamo molto nella Provvidenza – conclude Anita – del resto abbiamo portato il primo libro della collana in un santuario dedicato a santa Teresina di Lisieux, per mettere il nostro progetto editoriale sotto la sua protezione. Poi ci siamo affidati anche alla protezione della Madonna di Monte Berico, a san Giuseppe, a san Domenico Savio e san Giovanni Bosco, una squadra niente male! Ci sentiamo protetti. Poi ci saranno i concerti, forse un disco e tanta voglia di testimoniare la bellezza di un matrimonio cristiano. Tutto se Dio vuole e se la Mamma Celeste ci sostiene e ci protegge”.

(articolo uscito nel blog Nel nome del Padre a cura di Gloria Callarelli su Today.it)

Sono giovani, carini e soprattutto cristiani: è il nuovo che avanza, un esercito di ragazzi pronti a testimoniare quanto Cristo abbia cambiato le loro vite. Sono i nuovi apostoli pronti a chiamare alla fede le nuove generazioni attraverso il loro linguaggio: la musica, i libri, il web. Una missione non facile in questo mondo, ma la regia delle loro vite è quanto di meglio potessero avere.

DEBORA E I REALE. Ci sono i navigati Reale, reduci da un successo meritato con “Serpenti e colombe” che li ha inseriti nella top 100 degli album più scaricati in Italia: non stiamo parlando, però, della categoria ‘musica cristiana’ ma di quella generale che li vede davanti ad artisti più blasonati come Jovanotti e Tiziano Ferro. Un buon segno del Cielo per un album energico e meraviglioso che tutti dovrebbero avere nella propria collezione. Poi c’è la bravissima Debora Vezzani che instancabile porta il suo “Come un prodigio” tour in Italia e in Europa: la sua musica, il suo legame con la Madonna, i suoi valori. Debora è ormai un patrimonio della musica italiana.

GRANDI PROMESSE. Il 30 settembre, invece, in contemporanea, ci sarà l’uscita di ben due nuovi album: “Il Cielo è dentro noi” di Lorenzo Belluscio e “Vento caldo” di Michele Pavanello. Il talentuoso Lorenzo quest’anno ha avuto la possibilità di esibirsi alla Giornata mondiale della Gioventù in Polonia: “Un’emozione grande, una cosa bellissima” ci ha confidato. La sua compilation contiene sette inediti i cui testi sono firmati interamente da lui e la musica da Damiano Ferrari. Un lavoro più maturo rispetto ai precedenti con generi che vanno dal rock, al pop fino alla dance. Ci ha raccontato: “Senti che nel fare questo lavoro Qualcuno ti aiuta dall’alto. Pensa che per completare la canzone “Da quando ci sei Tu” ho trovato l’ispirazione alzando gli occhi dal mio foglio: avevo davanti un santino con la frase ‘Ho dato la mia vita per te’. Beh era perfetta per concludere il mio pezzo!”. L’album si troverà dal 30 settembre sul sito di Lorenzo (lorenzobelluscio.com) e dal 5-6 ottobre in tutte le librerie religiose d’Italia. In contemporanea, dicevamo, uscirà anche il nuovo ep di Michele Pavanello, interamente autoprodotto. Cinque brani rock e blues per dare voce ad un profondo messaggio: non dobbiamo vivere rassegnati, né indignarci per le ingiustizie del mondo, ma sporcarci le mani per cambiare le cose. Una voce speciale, basta ascoltare il singolo di lancio “La luce siamo noi” per innamorarsene e a giudicare dalla classifica di Cecilia in moltissimi l’hanno già fatto: è già prima, infatti, nella top 20 della settimana.

NON SOLO MUSICA. Ma non c’è solo la musica. Prendete i “Mienmiuaif”: Giuseppe e Anita sono due ragazzi, marito e moglie, che stanno portando avanti un progetto cristiano a tutto tondo fatto anche di canzoni certo, (roba buona, punk da “salotto”, come dicono loro, con voce mozzafiato), ma completato anche da un blog “irriverente” e da una collana di libri surreale e spettacolare intitolata Uomovivo e incentrata su “uomorismo, vita di coppia, Dio”. “Lettere a una moglie” è la dedica che lui fa a lei, una raccolta da ridere, riflettere, amare. Il tutto con la supervisione “straordinaria” di un certo Gilbert Keith Chesterton, grande scrittore cattolico dell’Otto-Novecento e con sponsor d’eccezione come Costanza Miriano e gli organizzatori del Family day che si sono invaghiti dei due artisti facendoli esplodere sul web.

Un ottimo biglietto da visita arriva anche da un altro giovane scrittore che ha sposato la causa Uomovivo, Edoardo Dantonia: 24 anni, pochi giorni fa è uscito il suo “Rivolta alla Locanda” un manoscritto che è un “religion western”, condito con un po’ di sana ironia e di folle amore. Edoardo ha sempre voluto essere uno scrittore, aveva solo bisogno di qualcuno che credesse in lui. Così il Cielo, che conosceva da tempo il suo desiderio, ha fatto di tutto per farglielo realizzare e confessa: “Per me è stata una grande soddisfazione vedere il mio nome su un libro”. La dedica, poi, è di quelle speciali: “Devo tutto a Dio”.

FILM. Infine segnaliamo anche un progetto ambizioso in onore della Gospa: è in lavorazione un film su Medjugorje. Il regista è Simone Visentini, convertito dopo un pellegrinaggio nel paesino della Bosnia-Erzegovina, e l’attore principale è Emanuele Marzani. Giovanissimo, fin da piccolo sognava di poter entrare nel mondo del cinema. Un sogno che si è avverato con una chiamata, quella della Mamma celeste, che lo ha voluto per il primo film su quel luogo speciale. La pellicola si intitolerà “In fondo alla salita”.

“ESERCITO DI GESÙ”. Per tutti loro, e per tantissimi altri che hanno seguito questa strada, un comune denominatore: essere parte di quella generazione che è “l’esercito di Gesù”, giovani che scelgono di abbandonare la vita comoda ed effimera per salire quel monte che porta al Cielo. Con la forza dei talenti che il Signore ha dato loro si mettono in gioco per difendere ed inseguire i loro valori, per difendere ed inseguire Gesù. Il riscatto dell’attuale mondo, perso alla ricerca del nulla, passa anche dalle loro vite, per formare la “resistenza di Cristo” e sconfiggere così i dèmoni del nostro tempo.

(articolo di Lara Tamp uscito sul blog Le foglie verdi)

Mienmiuaif è un nome non solo impossibile da pronunciare (si parte sempre con le migliori intenzioni, di slancio, con fare solenne – “Questa volta è la volta buona, Lara, ce la puoi fare!” – per poi ricadere in un glissato appena percettibile all’orecchio umano) ma è pure complicato da scrivere correttamente. Anche per chi l’ha ideato, tanto da gettare la spugna e lasciare il nome storpiato.

Ma a noi questo tormentone piace e il suono comincia ad esserci familiare. Sillaba dopo sillaba stiamo facendo passi avanti. Con juicio, s’intende. Complici anche i due Mienmiuaif Day ai quali abbiamo recentemente partecipato; famiglia al completo, con occhiali da sole rigorosamente a portata di naso. E poco importa se a Verona eravamo in notturna.

Per la mezza dozzina di contatti che ancora non avesse il piacere di conoscerli, parliamo di un’allegra wedding band punk vicentina (“il duo con l’anello più noto in tutto il mondo”. Perfino in casa Veronesi).

“Mi” sta per Giuseppe e “Miuaif” per la sua dolcissima moglie Anita, grande voce del gruppo e simpatia disarmante. D’altra parte non potrei proprio provare sentimenti differenti per chi condivide con me l’essere una cuoca “diversamente virtuosa” (a tal proposito, mio marito ha già pronto titolo e copertina di un mio ipotetico libro: “Preferisco la pizza a domicilio. Ovvero la genesi delle maniglie dell’amore”).

Il loro stile ci piace, la loro storia (alla quale rimando) ci affascina, la gioia vera che si sprigiona dai loro sguardi cristallini ci rassicura. Sono indubbiamente accattivanti. Il ritmo incalzante che dà vita a testi incredibilmente folli, ma autentici, riesce a mettere d’accordo le quattro anime della nostra famiglia, così sempre differenti e difficilmente conciliabili (“Ma come fanno a piacerti le olive?!” “Pensa a te e alle persone che stenderai con il solo sguardo dopo aver ingoiato il vasetto di cipolle!”). Ed è già un piccolo miracolo!

Piacciono al piccolo uomo di casa, così preciso, un programmatore dei minimi dettagli (all’inizio dell’estate, con una meticolositudine – sì, ogni tanto guarda pure i cartoni! – da far perdere la pazienza al più asceta degli stiliti, calcola la dose esatta di letture e compiti quotidiani. Vietato sgarrare, in eccesso o in difetto). Il loro stile lo coinvolge, tanto che dopo il concerto veronese, riponendo gli occhiali da sole nel cassetto, ha chiesto con fare preoccupato: “A quando il prossimo concerto?”. “In ottobre, sicuramente”. “In ottobre? Non prima? E cosa facciamo fino ad allora?”. Più volte l’abbiamo sentito canticchiare “Canzone Sessita”, una delle hit del gruppo (vi lascio immaginare la pronuncia di una bambino bolognese, quasi ottenne, con gli incisivi in crescita, che scrisse nel suo primo tema “pizza” con la doppia “s”).

Piacciono al grande uomo di casa, il pater familiae (verrò segnalata per aver utilizzato due termini così pericolosi in un colpo solo? In tal caso portatemi le arance. Meglio se con tranci di pizza fumante e bomboloni alla crema. Anzi, lasciate pure a casa le arance). E’ entusiasta del duo e non è raro incrociarlo per le vie del paese (il caldo gioca brutti scherzi, lo so) con improponibili occhiali a specchio – difficili da descrivere se non in termini poco caritatevoli o quanto meno affatto lusinghieri – mentre canta a squarciagola (ma mai una stonatura, naturalmente!) “Il pomodoro e la tazza di minestra”.

Piacciono alla piccola donna di casa, che in questo momento di pre-adolescemenza ha come sport preferito il “lancio della sfida”, del quale detiene – ne sono sicura – almeno il record del quartiere. Ieri, ad esempio, si vantava di ascoltare una playlist di Fedez. Peccato che dal lettore mp3, a tutto volume, si percepivano nitidamente le inconfondibili note del ritornello dell’ “Arca di Noè” che, tra l’altro, ha l’abitudine inconsapevole di cantare pure a luci spente mentre si prepara all’incontro con le braccia di Morfeo. (“Ti sei lavata i denti, prima di dormire?” “Mamma, lavarsi i denti non è per sembrare più contenti! Lo dice anche Anita! Non rompere!”).

Infine, piacciono a me. E non poco. Il loro stile mi prende, tanto che al mattino, canticchiando lungo i viali di Bologna mentre mi dirigo in ufficio, mi ritrovo a riscontrare che effettivamente “le foglie sono verdi e questo attimo qua è questo attimo qua”. E proseguo ben consapevole “che siamo solo di passaggio, siamo solo un piccolo assaggio”. E che la giornata lavorativa abbia inizio.

Sono affascinata, oltre che dall’attività musicale, dalla loro storia e da tutto quello che ruota attorno a questa incredibile coppia di amici. Dal blog, del quale seguo con trepidante attesa gli aggiornamenti, all’illuminante avventura della collana di libri “UomoVivo”, sotto l’egida del grande Chesterton e di altri indovinatissimi sponsor spirituali. Una garanzia! Già, perché questo è il secondo aspetto dei Mienmiuaif Day.

Confesso di amare molto la lettura ma di non riuscire mai a trovare un attimo per mettere in pratica i buoni propositi. E così capita che mi incuriosisca quando mi imbatto in mio marito, incanottierato alla Fantozzi, che si aggira per casa con in mano il terzo libro della collana, mentre alterna commenti del tipo “Questo Giuseppe è un genio!”, a fragorose risate (… ci è o ci fa? Sì, me lo sono chiesto in più di un’occasione! Mah … ai posteri – o, senza attendere tempo, ai vicini – l’ardua sentenza!).

Sono tre i libri finora pubblicati, scritti da altrettanti amici tra i più cari. Conferma che anche i social, se usati correttamente, possono rivelarsi strumenti preziosi per approfondire ottime conoscenze. Da Costanza in giù, quante belle amicizie hanno avuto origine grazie a quel lazzarone di Zuckerberg!

Tre libri gradevolissimi, che si divorano (questa è farina del sacco di quel librivoro che è mio marito), che racchiudono sacrosante verità, profonde riflessioni, a volta quadretti familiari che si imprimono nel cuore e nella mente (e che ti fanno dire: “Chi sono io per lamentarmi?”), tratteggiati con l’ironia tipica del grande Gilbert e con quella visione positiva di chi sa di essere realmente figlio di Dio.

Tre amici così diversi ma così complementari. E tutti in prima linea nella buona battaglia a favore della famiglia e della vita, insieme alle rispettive dolci e fondamentali metà.

Giuseppe: barba da eroe risorgimentale (nome della moglie, pure); fa dell’umorismo l’arma vincente per sostenere con successo il “duello all’ultimo sangue” (= il matrimonio. Chesterton docet!).

Emiliano, lo scrittore dai due nomi (Andreas – come il celebre Hofer patriota tirolese – per i contatti social): sguardo sornione dietro al quale si cela una mente sopraffina come poche. Lewis, autore delle prime Lettere di Berlicche, sarebbe davvero fiero di lui!

Paola: moglie, mamma straordinaria, blogger, giornalista, amicadicostanzamiriano. Bellezza disarmante da diva di altri tempi. Fede che la si taglia col coltello (se la incontri, non puoi rimanere indifferente. Sei quasi obbligato a metterti in gioco).

Stessi intenti, stili diversissimi. Apparentemente scanzonato il primo, ironicamente riflessivo il secondo, lama che incide il cuore la terza.

Mienmiuaif e collana UomoVivo. Due progetti ambiziosi di una coppia che non vive alla giornata ma che progetta accuratamente il proprio futuro, lasciandosi guidare dal Signore. Una coppia che si fida. E questo è garanzia di successo; il successo che conta veramente e non quello che dà il mondo. Una coppia che anche grazie “alle patate all’Anita” (che sono una specie di purè) aiutano gli amici a riscoprire la propria vocazione. Un modo di fare apostolato davvero accattivante e coinvolgente!

Gli amici. Sono davvero tanti quelli incontrati a Reggio Emilia e a Verona, provenienti da ogni dove. Profili dei social che improvvisamente si materializzano uscendo dallo schermo del telefonino. E che ti sembra di conoscere da una vita. Cosa che solitamente accade quando i valori che accomunano le persone sono i medesimi e si fondano sul Vero e sul Bello. Un’amicizia che sa accogliere e ascoltare l’altro, e che poco importa se è causa di svariati quarti d’ora accademici prima dell’inizio delle serate. D’altronde, gli abbracci da regalare (e i selfie da scattare in posizioni spesso diversamente ergonomiche) sono tanti, così come – a volte – le lacrime da asciugare o i cuori da consolare. Ed è un’amicizia contagiosa, che si diffonde come i cerchi nello specchio d’acqua di un lago quando getti un sasso. “Apostolato di amicizia e confidenza”, lo definiva San Josemaria.

Impossibile non tornare al proprio paesello con il desiderio di raccontare quanto vissuto ad altri amici e portarli la volta successiva. Perché i quadretti di vita quotidiana raccontati nelle canzoni o nei libri parlano certamente di loro … ma anche di noi e di voi. Le cose belle si raccontano, si condividono. Non potrebbe essere diversamente. Impossibile tenere questa ricchezza chiusa a chiave nel proprio cassetto dei ricordi.

C’è tanto bisogno di Bellezza in questa epoca condizionata da ogni sorta di male. E, ora più che mai, servono testimoni credibili disposti ad esserne portatori sulle strade del mondo. Giuseppe, Anita, Paola ed Emiliano si sono calati nella parte nel migliore dei modi.

Ecco perché siamo rientrati nella bassa bolognese, con il sorriso stampato sul viso e inciso nel cuore, riscaldati dall’amicizia più autentica (al di là dei 37°C percepiti in questi giorni, con tasso di umidità pari al 135%. All’ombra). Siamo rientrati con lo sguardo proiettato con fiducia sul futuro perché, nonostante tutto, nonostante ciò che accade nel mondo, nonostante ciò che ci raccontano e nonostante ciò che ci vogliono far credere, ancora c’è speranza, anzi Speranza.

Lara Tamp

(Articolo di Romina Gobbo uscito sul settimanale Credere)

La giovane coppia “Mienmiuaif” inventa canzoni e scrive libri per raccontare con un sorriso quanto è bello (e controcorrente) sposarsi

Se pensate che il matrimonio sia una tomba, attenti ai “due con l’anello” di Arzignano (Vicenza), meglio noti come Mienmiuaif, un gioco tra inglese e dialetto veneto che significa qualcosa come «Io e mia moglie». Un progetto cristiano, «fede e umorismo contro le insidie del matrimonio», che contempla una wedding band (complesso musicale che suona ai matrimoni, ndr), un blog, canzoni ironiche su temi seri, video su Youtube, social network, libri e pure una macchina per cucire. Chiaro? Non proprio, ma l’entusiasmo di Giuseppe Signorin, 34 anni, e Anita Baldisserotto, 26, è tale che vale la pena di approfondire.

LONTANI DALLA FEDE
Giuseppe e Anita si amano fin da giovanissimi, amano la musica che “spacca”, le feste, il divertimento. Sono contro la Chiesa, critici su tutto. Chi è il cristiano? «Una persona di mezza età, triste, noiosa». Ma Giuseppe va in crisi. «Il momento che stava passando lui, ha fatto riflettere anche me», dice Anita. «Anch’io non trovavo un senso alla mia vita, non riuscivo a vedere Dio e non volevo ammettere che mi mancava. Giuseppe intanto trovava conforto solo nella preghiera. Ero scettica, ma l’ho seguito perché ero innamorata di lui. Poi, un’esperienza a Medjugorje ha fatto cadere le ultime barriere». «Io ho cominciato prima a sperimentare la fede», interviene Giuseppe, «ma Anita mi ha subito superato. Penso che sia stato un dono. Se uno dei due non avesse capito l’altro, probabilmente ci saremmo lasciati. Invece, abbiamo messo al primo posto Dio, e Lui ha sistemato le cose».

LA CRISI CHE CONVERTE
Ed ecco la svolta: la giornata scandita dalla preghiera, lo “scandalo” di andare a Messa. Giuseppe e Anita vanno oltre, vogliono una vita “a tre”. «Sposami in Cristo», chiede lei. Il matrimonio viene celebrato il 22 novembre 2013. Il resto è storia di oggi. Il 21 giugno 2014 pubblicano su Youtube il primo video; a febbraio 2015 esce il blog, «non solo uno spazio dove postare e ricevere commenti, bensì un viatico per conoscere altre persone con la nostra stessa visione del mondo»; poi una collana di libri. «Volevamo sfatare l’idea del matrimonio come di qualcosa di stantìo», spiega Giuseppe, «oggi le vere rockstar sono gli sposi; vuoi mettere quant’è trasgressivo un amore indissolubile? Così abbiamo cominciato a musicare qualche piccolo testo. A me piace suonare e comporre, ad Anita cantare».
E, poiché il disegno di Dio sfugge all’umano, inaspettatamente i due giovani coniugi scoprono che la loro vita quotidiana cantata e raccontata in maniera ironica, piace. Tra colazione ai cereali e latte di soia, kleenex per asciugare le lacrime e dieta di pomodori… musicate in cucina, salotto o camera da letto, le visualizzazioni crescono, 40 mila ne ha registrate il post sul racconto del Family day. «E pensare che l’idea iniziale era di parlare ai nostri amici, sostenitori convinti della convivenza. Volevamo dire loro che sposarsi è una bella scelta, con la speranza che anche loro potessero un giorno sperimentare questa bellezza», aggiunge Anita, che sta per partire anche con un progetto di sartoria, «abiti sobri, in risposta a una moda per la quale non sei mai abbastanza magra, né abbastanza bella».

ALLEGRIA INNANZI TUTTO
Com’è cambiata la vostra vita? «Abbiamo provato i due tipi di relazione», dice Giuseppe, «un anno da “pagani”, un anno e mezzo da cristiani, poi ci siamo sposati. Non c’è paragone, l’incontro con Dio ha dato al nostro rapporto un’intensità molto superiore. Solo Lui ti cambia e ti permette di amare».
Non litigate mai? «Certo. Però una volta, quando litigavamo, restavamo arrabbiati per giorni; adesso ci facciamo una risata. Come dice san Giovanni Bosco: il diavolo ha paura della gente allegra».

(Articolo di Benedetta Frigerio uscito su La nuova Bussola Quotidiana)

Giuseppe Signorin e Anita Baldisserotto sono due sposi di 34 e 26 anni, conosciuti al popolo della rete come Mienmiuaif, il loro gruppo musicale dal cristianesimo un po’ punk (come lo definisce lui, convinto che la trasgressione oggi stia nella normalità), condito da una certa gioia missionaria. Ma quello che ha reso noti i due coniugi è soprattutto il libro che Giuseppe ha scritto alla moglie Anita, Lettere a una moglie (ovvero la genesi del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif), pubblicato quando hanno capito di avere una compito: loro, un tempo atei convinti che «il matrimonio fosse una tomba», ora combattono con G.K Chesterton per dimostrare che invece «è un duello all’ultimo sangue» necessario a diventare liberi.

Giuseppe come mai hai scritto queste lettere a tua moglie?
«Ho deciso di farlo durante il primo anno di matrimonio. Per lo stesso motivo avevo cominciato a cantare e far circolare su Youtube le nostre canzoni: capivo che era un modo per sdrammatizzare i momenti quotidiani e le angosce causate inizialmente dalla convivenza, come i litigi per decidere chi prepara la colazione o le piccole cose su cui si tende a misurarsi, sopratutto se sei abituato a vivere da solo. Ecco perché registrai delle canzoni divertenti in cui parlo della colazione o della dieta al pomodoro. Questo umorismo, oltre che aiutare me, facevano ridere mia moglie. Quindi le scrissi anche queste lettere, che dovevano rimanere private, un regalo solo per lei. Poi, però, abbiamo aperto un blog, le nostre canzoni hanno fatto ridere qualcuno e il messaggio si è allargato. Il secondo anno di matrimonio ho scritto altre lettere e alla fine abbiamo pensato che diffonderle avrebbe potuto aiutare anche qualcun altro».

Come vivevate prima di sposarvi?
«Il nostro primo anno di fidanzamento, nel 2010, lo abbiamo vissuto da pagani. Ma poi, entrambi, in circostanze particolari, abbiamo incontrato Dio: io che non credevo in Lui ho capito che esisteva per la presenza del male, mia moglie invece si convertì nel 2012 a Medjugorje e da quel momento cambiò tutto, tanto che l’anno successivo ci siamo sposati. Non avremmo mai pensato di farlo altrimenti, perché prima eravamo convinti che il matrimonio fosse una tomba. Oggi cantiamo e scriviamo per testimoniare che è vero il contrario».

Nel tuo libro prendi in giro l’“ideologia gender” e parli di differenza di ruoli. L’hai sempre pensata così?
«La fede ha illuminato la mia ragione. Prima semplicemente non mi interessavo di nulla, il mondo era una dimensione di cui non mi curavo. Ero un anarchico nichilista. Poi cambiò tutto: se nel 2011 stavo per pubblicare un libro con grosso editore, scelsi poi di mollare tutto. Anita, invece, era accanita verso la Chiesa e per lei sposarsi era scegliere la schiavitù. Dopo la conversione abbiamo passato i primi due anni a pregare moltissimo insieme a un gruppo di preghiera legato a Medjugorje e ci siamo legati anche al movimento dei neocatecumenali. Queste sono tutt’ora le nostre due sponde per camminare».

Parli di tua moglie come di una forza di redenzione. Cosa significa?
«Gli opposti in natura si lodano a vicenda, il tronco dell’albero con la sua ruvidezza fa vedere meglio la limpidezza del cielo. Il fiume trasparente fa vedere meglio le rocce. Allo stesso modo mi accorgo che contemplando Anita, allenandomi anche con queste lettere, comprendo di più me stesso e prendo consapevolezza che sono la persona giusta per lodarla anche con umorismo. Osservare la sua diversità mi aiuta a capire che Dio mi ha messo accanto mia moglie per servirLo servendo lei. Fosse anche semplicemente per farla ridere quando è giù di morale».

E infatti le scrivi: «Sono nato per servirti». Addirittura?
«Sono nato per servirla prendendola in giro. Cosa posso farci se vedendola felice mi sento realizzato? Capire che sono utile mi valorizza, non mi schiavizza. E poi Anita è così bizzarra che attraverso di lei vedo davvero l’umorismo di Dio: quello che manca a lei non manca a me e viceversa, la complementarietà fra noi è unica, non sarebbe possibile con nessun’altra donna. Anche questo lo scopro contemplandola e scrivendo. É commuovente. Ripeto che servirla è usare i talenti che mi ha dato il Signore quindi non mi toglie la mia libertà, anzi mi permette di esprimermi».

Il matrimonio è un lavoro da artigiano. Chi ti insegna il mestiere?
«Leggo, mi formo. In ogni caso quello che mi aiuta di più è semplicemente la preghiera del Rosario recitata insieme a mia moglie, la frequentazione dei sacramenti, la Messa quotidiana, la confessione, perché è solo Dio che ti cambia e ti permette di amare. Questa è la linfa che nutre il matrimonio. Anche per questo ogni lettera finisce come una benedizione ironica».

Nel tuo libro ringrazi continuamente di ogni banalità, persino dei difetti tuoi e di tua moglie…
«La fede non toglie, ma ti fa gustare e possedere di più tutto. Prima di convertirmi scrivevo con uno stile umoristico nero. Il mio cammino di conversione invece, accompagnato anche da Guareschi e Chesterton, è stato gioioso. Così rido anche dei nostri difetti, perché siamo insieme per una Dio che li supera tutti. È anche sopravvivenza: ora, quando cominciamo a litigare, dopo un po’ succede che a uno dei due venga da ridere. Queste lettere sono un vero e proprio esorcismo: come diceva san Giovanni Bosco il diavolo ha paura della gente allegra. Ecco, allora ritratto: il matrimonio sta in piedi con la preghiera, i sacramenti ma anche con l’umorismo contemplativo».

Come è cambiata la vostra vita dopo la pubblicazione del libro?
«All’inizio della conversione perdemmo tutti gli amici. Anita piangeva, io soffrivo ma il Vangelo diceva che ci sarebbe stato dato cento volte tanto. Ora siamo pieni di amici che condividono con noi il cammino della fede e la vocazione matrimoniale. Si è dunque generata una grande amicizia. Credo che noi sposi abbiamo una missione specifica in un momento così particolare della storia che è quella di generare comunione fra i credenti. Il nostro blog, le canzoni, il libro, i social network, sarebbero inutili se si fermassero lì: hanno senso solo se ti portano fuori a incontrare le persone. E infatti la rete che si è generata non è più virtuale ma di tante persone in carne ed ossa che sanno di avere un compito in un mondo ferito».

 

 

Il libro è disponibile in formato cartaceo e digitale presso la libreria online di Berica Editrice.

Per maggiori informazioni è possibile scrivere un’email a mienmiuaif@gmail.com.

(intervista a cura di Parco Miazza uscita sul blog Campari & De Maistre)

È uscito da poche settimane”Lettere a una moglie”, il terzo libro della collana “UOMOVIVO – umorismo, vita di coppia, Dio”, scritto da Giuseppe Signorin, disponibile (in formato cartaceo e digitale) presso la libreria online di Berica Editrice e presso IBS. Per maggiori informazioni è possibile scrivere un’email a mienmiuaif@gmail.com.

Per approfondire le tematiche del libro, particolarmente vicine alla sensibilità del blog, abbiamo fatto qualche domanda (impertinente) all’autore.

Il titolo del libro, “Lettere a una moglie”, presuppone che ci sia alle spalle un matrimonio. Nella prefazione si scopre che si tratta di un matrimonio cristiano, definito come una “magia gigantesca”. Guardandomi un po’ attorno pare invece che il matrimonio, in particolare quello cristiano, sia considerato un malocchio, ‘na fattura, altro che magia… Confermi?

Sì, fino a poco tempo fa il matrimonio cristiano era qualcosa di ovvio. Oggi non più. Addirittura fra i cristiani. Basta discutere di fidanzamento, sessualità, apertura alla vita, ruoli, indissolubilità, preghiera… e si viene presi per pazzi (non sempre direttamente, ma la sensazione è un po’ questa). Per me e per mia moglie Anita, che abbiamo iniziato un cammino di fede circa quattro anni fa, è stato sorprendente scoprire di andare controcorrente rispetto all’opinione comune, non solo dei più giovani, nel momento in cui abbiamo deciso di provare a “praticare” la fede. Il libro nasce in questo contesto… Mentre scrivevo le “Lettere a una moglie” mi pareva quasi di avere fra le mani, paradossalmente, materiale di contrabbando…

Ma certo! Noi giovani abbiamo bisogno di forti emozioni, lo vogliamo fa’ strano, non sappiamo che farcene della barbosa quotidianità…

Appunto, oggi il matrimonio è visto come qualcosa di noioso, se non peggio… Pensare di stare sempre con la stessa persona… di legarsi… In effetti è una follia, una sfida impossibile, ma proprio per questo vale la pena provarci. Chi riesce a convivere senza la grazia del matrimonio deve avere dei poteri soprannaturali. Per la mia esperienza l’unico modo di poter stare insieme è mettere al centro Cristo. Lui fa il miracolo. Quindi ogni lettera si chiude con una richiesta di benedizione a Dio. Poi io e Anita abbiamo scoperto quest’altra cosa, con la fede: l’umorismo. Soprattutto grazie a Chesterton e a Guareschi.L’umorismo è un’arma incredibile, trasforma il quotidiano, è un vero e proprio esorcismo contro le tentazioni di tutti i giorni. Mi sono convinto che più si ama una persona più la si deve prendere per i fondelli: la presa per i fondelli per me è il supremo atto di amore domestico che si possa fare nei confronti della propria consorte… Per questo sono nate le lettere…

Genio, prendi allegramente in giro tua moglie e dici che è il modo migliore di amarla, mo’ me lo segno…
Nelle lettere tra le altre cose spieghi che significa mienmiuaif, questa parola che appare già nel titolo e che solo provare a pronunciarla ti manda in bestia. Ma che vuol dire?

Nel libro racconto, in maniera anche un po’ demenziale, di questi”Mienmiuaif”… Siamo io e mia moglie che ci riprendiamo mentre suoniamo delle canzoncine “coniugali” (ma non solo) e le mettiamo su YouTube, spesso e volentieri indossando occhiali da sole. È una storia vera, in effetti… I “Mienmiuaif” esistono e anzi si sono ingranditi, si sono aggiunti un chitarrista e un batterista e abbiamo iniziato a suonare in giro e molte persone hanno iniziato sorprendentemente a seguirci, innescando una rete di amicizie che sono un vero dono del Cielo… Ci mettiamo gli occhiali da sole perché per noi oggi le vere rock star sono gli sposi – e ritorniamo a quando detto prima… A noi piace quest’idea, di provare a seguire gli insegnamenti della Chiesa senza sconti (pur fra mille cadute), ma di proporli in maniera non convenzionale.

Occhiali da sole? Ho visto che in alcuni video indossate anche improbabili k-way… Rimaniamo in tema musicale: le canzoni sono carine, anche se il genere non mi sembra molto in linea con la tradizione bi-milenaria della Chiesa… Non sarà mica panc miusic?

Scherzando (ma anche no) ho definito le lettere e le canzoni “punk”… Non perché lo siano effettivamente (anche se alcune caratteristiche stilistiche – come la brevità, la semplicità, i toni – possono sembrare un po’ tali) ma perché “punk” dovrebbe essere qualcuno che va controcorrente, e in un’Italia capovolta come quella attuale, tornare alle origini è diventata un’azione rivoluzionaria. In questo mi ha ispirato un libricino di Emanuele Fant, scrittore e regista/autore teatrale che qualche anno fa ha scritto “La mia prima fine del mondo”, dove appunto racconta la sua conversione da punk a punk vero, cioè cristiano cattolico alla “corte” del camilliano fratel Ettore dei poveri. E ora è diventato pure un caro amico.

Andare controcorrente perché si è vivi… Questa frase l’ho già sentita.

 

 

 

Il libro è disponibile in formato cartaceo e digitale presso la libreria online di Berica Editrice.

Per maggiori informazioni è possibile scrivere un’email a mienmiuaif@gmail.com.