Robot che diventano uomini e uomini che diventano robot

by Carmine Caiffa

Quando vediamo i robot o le intelligenze artificiali nei film spesso sono i cattivi della storia, quelli che mettono a ferro e fuoco la terra, per capirci. Ingrate ferraglie! 

La realtà è più sofisticata. Mica potete aspettarvi che la vostra nuova macchina del caffè Lavazza Voicy inizi a insultarvi. A meno che non venga hackerata. Le famigerate (e fameliche, a detta degli sceneggiatori) I.A. (intelligenze artificiali), device I.O.T. (internet of things) e tante altre cose con sigle strafighe e nomi english sono già in casa nostra. Ed entreranno in maniera sempre più significativa.

Ora prendete per vero, per assurdo, quello che sento dire in giro: i robot, in tutto e per tutto simili agli umani, devono essere parte della società, avere diritti, essere considerati persone. Non ridete, l’ho sentito dire davvero. Informatevi su Sophia, androide (robot umanoide) cittadina dell’Arabia Saudita. 

Mettete che un androide con sembianze da bambino pianga e vi chieda scusa con gli occhioni dolci, non si intenerirà il vostro cuore come davanti a un cucciolo di volpino di Pomerania? Ma per i “cuccioli di umano” (come li ha definiti qualche educatrice) no. Per questi dipende a quale mese di formazione sono e a che livello di salute fisica si trovano. 

Se l’androide portasse in grembo (incubatrice) un bambino, non sarebbe l’utero in affitto 2.0? Se avesse le sembianze di una modella liberamente acquistabile? Altro che single.

Siamo realisti. Le macchine non sono come nei film. Non serve che mettano a ferro e fuoco il mondo. Si propongono nella sfera delle relazioni, della sessualità, dei sentimenti. Sono il surrogato delle nostre debolezze e mancanze. Perché dunque li paragoniamo alle persone?

Per il vuoto. E non è quello dello stomaco perché hai saltato l’ape. È quello che rimane quando ci dimentichiamo di avere un’anima. Oggi vedo uomini dire di sentirsi donna e vincere coppe gareggiando con donne, vedo mamme dire “ma si è un grumo di cellule” come se loro fossero fatte di polvere di fata, vedo cattolici dire “ma sì, dai, i miracoli di Gesù sono storielle per dire che…”.

Siccome ci siamo scordati l’anima, iniziamo a considerare persone anche le cose – una fissazione antica dell’uomo. Si chiama animismo. Attribuiamo personalità alle cose, “animiamo” le cose. Specifico che i bambini sono giustificati. Tranquille mamme, vostro figlio può dire che il sole è stanco quando tramonta. 

Ma questo processo funziona anche al contrario. Rischiamo di considerare noi stessi come delle cose. Anche non volendo, ci “cosifichiamo”. Dalle fidanzate in affitto in Giappone al tragico utero in affitto.

Un videogioco del 2018, Detroit: Become Human, mostra androidi che acquisiscono emozioni e “diventano” umani in virtù di questo. Milioni di persone ci hanno giocato e chi l’ha scritto è cavaliere alla Legion d’onore di Francia. 

Quel “Become” è la campanella d’allarme dell’amnesia dell’unicità dell’uomo, che si crede riproducibile. Ma noi non siamo tecnica, noi siamo creature, noi non diventiamo. Due genitori procreano, non fabbricano. Perché ogni uomo è nuova creazione. Ogni anima lo è.

Dio è amore e l’amore è buon senso. Togliere Dio dalla società, non è solo una questione di laicità. Rischiamo di vederci come un insieme di ingranaggi biochimici e basta. “Qualcosa” piuttosto che “qualcuno”.

E non tralasciamo nemmeno l’aspetto soprannaturale: tolto il soprannaturale non c’è cristianesimo. Gesù è risorto. Nel nostro cuore ci sono il cielo e la terra. E no, Paolo Fox non può fare previsioni da quel cielo e Odifreddi non può dire tutto su quella terra. Sono due cose intrinsecamente unite. Noi siamo terra baciata da Dio. Letteralmente, non per turismo.

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