(recensione di Giuseppe Signorin uscita su La Croce Quotidiano)
La poesia cattolica non è morta. Sì, ho letto Emanuele Fant e quando leggo Emanuele Fant mi viene in mente questa cosa qui, un po’ adolescenziale, forse, ma molto importante. Intanto l’etichetta “poesia cattolica” mi piace e non mi piace. Però è importante che ci sia oggi qualcuno nel mondo ma non del mondo che prova a raccontare “con arte” ambienti e fatti che riguardano i cattolici, da dentro.
La poesia cattolica quindi non è morta e l’ho capito leggendo l’ultimo libro di Fant, “L’invadente. Fratel Ettore, la virtù degli estremi”, pubblicato da San Paolo, che in realtà non è un libro di poesie ma un romanzo, e pure avvincente. A tratti assume le tinte del noir, colore che l’autore predilige anche nel modo di vestire, come il “camilliano dei barboni” che la Provvidenza fino a questo momento gli ha piantato in mezzo alla strada in ogni salsa possibile. Sia a teatro che su carta, infatti, Fant si è finora quasi sempre dovuto occupare di fratel Ettore dei poveri. Non perché volesse, ma perché gli è stato chiesto, quindi quasi imposto considerato il tema e la vicenda personale di Fant, che proprio a contatto con fratel Ettore ha mosso i primi passi nella fede, come raccontato nel bellissimo e fulminante “Le mia prima fine del mondo”, edito da Monti. Come dire di no, quindi? Ma anche questa vicenda può aiutare a capire l’”invadenza” di fratel Ettore.
Eppure Fant ogni volta riesce a trovare un’angolatura diversa da cui guardare e descrivere il suo fratel Ettore, che ormai è anche il mio perché solo attraverso le sue lenti lo conosco. Ne viene fuori un ritratto esilarante. Fratel Ettore è un gigante. Un personaggio necessario ma scomodo. Adorabile ma insopportabile. Non una via di santità ordinaria, qualcosa di estremo. Quel tipo di virtù che si trova solo in certi punti limite e che probabilmente non è adatta a tutti. Ma che tutti può scuotere. E svegliare.
La poesia cattolica non è morta perché per poesia intendo qui qualcosa di più ampio dello scrivere in versi. Lo stile, la profondità, la qualità, l’originalità, quel qualcosa di indefinibile che però ti tocca, qualsiasi sia il genere o la tecnica attraverso cui ci si esprime.
Fant scrive con una sensibilità fuori dal comune.
“Sterminerò al mattino tutti gli empi del paese, – si ripromettono, cantilenando, le vecchine. Permane, come incenso che non vuole salire, un sottile contrasto tra il proposito espresso dai salmi e i loro carrellini, uniche armi a disposizione.
Elida, nel bunker, non ha niente da temere. Bussando col tacco sul pavimento, il viaggio delle onde sonore attraversa il pianeta, e comunica la sua insofferenza alle balene del polo australe.”
Fant disegna e dirige le scene così bene che raccontano meglio di un trattato di teologia l’eredità spirituale di fratel Ettore.
“- Vedete come sta male Majid? Non c’entra niente Dio: le malattie le fa l’uomo. Colpa nostra, colpa mia, tua e tua, che siamo Adamo e non ci siamo accontentati. Però il Signore, quando ci ha cacciati a calci nel sedere dal giardino, ci ha lasciato un potere. Chi mi dice come si chiama questo potere?
Uno si pettina con la barba gialla di nicotina e bofonchia il suo nome. Uno si inginocchia sulla panca e attende l’illuminazione. Una ucraina sfigurata in faccia dal tumore grida qualcosa di cattivo. Alberto allunga il collo in prima fila.
– Dillo tu, Alberto!
– …dovrebbe essere: la preghiera.
– Non dovrebbe. È proprio la preghiera. (…)”
Ma non è solo la bellezza della pagina a colpire: la trama c’è ed è avvincente. Ispirato a un fatto di cronaca, un omicidio, “L’invadente” è il racconto di una morte ma anche di alcune rinascite, di Vanni e Valentina, per esempio, marito e figlia seienne di Elida, uccisa da uno degli “ospiti” di fratel Ettore. Il dramma viene preparato, si consuma e poi irradia i suoi raggi neri nelle vite dei protagonisti, che però proprio attraverso situazioni piene di contrasti e urti, di spostamenti e incendi, riescono a cambiare, a nascere di nuovo.
Insomma, penso si sia capito quanto il libro mi è piaciuto.
L’ha ribloggato su paolabellettie ha commentato:
Siccome non riesco a scrivere in questo periodo , rilancio e volentieri chi lo fa; raccontando di chi racconta di santi estremi, ma così tanto estremi che allungandosi ancora un poco toccano tutti. Anche me
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